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Voci fasulle in busta paga: per il giudice la responsabilità è del datore di lavoro

Voci fasulle in busta paga: per il giudice la responsabilità è del datore di lavoro

venerdì 7 febbraio 2020
di Paolo Braglia

Nel 2017 diversi lavoratori della M.T. Service (una società cooperativa, ora in fallimento, per vari anni in appalto presso la Motovario di Formigine) ricevettero delle cartelle esattoriali dagli importi di qualche migliaio di euro fino a 10-15.000 euro. Il motivo? l’Agenzia delle Entrate intervenne per recuperare l’Irpef non versata sulla voce “Trasferta Italia”, una voce risultata fasulla dagli accertamenti dei giudici, poiché i lavoratori, in realtà, non ricorsero mai a trasferte. Lo stratagemma portò ad un risparmio illegittimo a favore di azienda e lavoratori, questi ultimi considerati fino ad ora complici del sistema. Una recente sentenza, in seguito al ricorso promosso da 11 ex operai della M.T. Service, tuttavia riconosce “la sostanziale fondatezza delle ragioni dei lavoratori opponenti, i quali hanno subìto le conseguenze di una elusione fiscale e contributiva perpetrata dal datore di lavoro in loro danno” e riconosce il loro diritto “ad ottenere il corrispondente sgravio da parte della Amministrazione delle entrate”. “Accogliamo favorevolmente la sentenza e le argomentazioni del giudice – affermano i sindacalisti del Dipartimento Appalti, di Fiom e Filt della Cgil di Modena - perché si riconosce che è compito e responsabilità del datore di lavoro applicare la giusta e corretta retribuzione. Nel sistema degli appalti aziendali abbiamo denunciato parecchi fenomeni di elusione fiscale e contributiva attraverso l’utilizzo di finte voci in busta paga, come la “Trasferta Italia”, che possono raggiungere anche varie centinaia di euro al mese”.